Evito di sparare una banalità a caso su un anno che ricorderemo credo a lungo e che è già stato abbastanza al centro dell’attenzione. Concentriamoci piuttosto sulla musica che ha prodotto e che la nostra sanità mentale ha accolto come l’acqua nel deserto. Quella è stata, cosa a suo modo curiosa, particolarmente bella. Ecco quindi la top dieci, qualche gemma che merita altrettanta attenzione e, in coda, il resto dei dischi belli usciti quest’anno.
The Heliocentrics – “Infinity of Now” (psychedelic jazz, afro, alternative // Madlib Invazion)
Doppia uscita per i londinesi di Malcom Catto nel corso del 2020. Il disco dell’anno è la prima di queste due: dal trip-hop d’apertura di 99% Revolution all’incedere krauto à la CAN di Burning Wooden Ship, passando per l’afrobeat acido di Hanging by a Thread fino alla doppietta Light in the Dark – People Wake Up! in chiusura, 40 minuti di sospensione lisergica tra lo spiritualismo cosmico di Sun Ra e la psychedelia più jazz e cinematica. A corredo grooves da capogiro in pieno stile Heliocentrics, che di dischi, a dire il vero, non ne hanno mai sbagliati. Il tutto sulla label del sempre ottimo MadLib. Ruotiamo insieme attorno al Sole-Catto.
PROVARE PER CREDERE: le tracce che ho citato ad esempio, ma sono tutte bellissime.
King Krule – “Man Alive!” (alternative, art-rock // Matador)
See, the cement has never meant so much era il verso-manifesto cantato dall‘enfant prodige Archy Marshall in Cementality nel 2013. L’antieroe di The Ooz, scampato in qualche modo allo spleen blu di quel suo (grande) lavoro del 2017, l’anno scorso è addirittura diventato papà di Marina e in questo 2020 si presenta con uno slogan di apparente speranza, affermazione, autoconsapevolezza: Uomo Vivo! Eppure questo disco dimostra che il peso del cemento importa ancora davvero tanto per il Nostro. Nel corso di Man Alive!, Krule ci porta dall’iniziale risveglio frastornato della sua giornata ad un momento di raccoglimento insonne finale, teatro di vaga riconciliazione e principi angosciosi. Si passa per treni sverniciati pieni di graffiti, città claustrofobiche e grandi spazi aperti, con spiragli di aria più o meno fresca qua e là. Disco solido proprio come il cemento.
PROVARE PER CREDERE: Cellular, Stoned Again (!!!), Comet Face, Alone Omen 3, Slinky, Underclass, Energy Fleets, Please Complete Thee
Yves Tumor – “Heaven for a Tortured Mind” (alternative, soul rock, art-pop // Warp)
Yves riprende e sviluppa la vena creativa già a fior di pelle nel bellissimo trittico Noid / Licking An Orchid / Lifetime dal suo debutto in Warp Safe in the Hands of Love e torna con un disco meno astratto e più ancorato a vie musicali già esplorate e probabilmente care a molti. Si tratta di un collage di culture, scene e stili variegati, rivisitati in una salsa molto personale e contemporanea per creare un universo fluido e romantico, con un piede nel sogno e l’altro nell’incubo. Disco che suona un po’ acido, un po’ vellutato, un po’ glam. E mai banale, che non è cosa scontata.
PROVARE PER CREDERE: Gospel for a New Century, Medicine Burn, Kerosene!, Hasdallen Lights, Romanticist, Dream Palette, Strawberry Privilege
Baxter Dury – “The Night Chancers” (indie pop, songwriter // Heavenly)
A questo disco ho dedicato un articolo qualche giorno dopo la sua uscita. Puoi leggerlo qui.
Gil Scott-Heron, Makaya McCraven – “We’re New Again – A Reimagining by Makaya McCraven” (spoken word, nu jazz // XL)
L’alfiere del nuovo jazz Makaya McCraven (ri)porta la poesia dell’ultimo grande Gil Scott-Heron dalle strade di New York alla “loro” Chicago, città natale di entrambi gli artisti. Il disco è infatti un rework dell’ultima pubblicazione di Gil, I’m New Here, album uscito ormai 10 anni fa su XL. Il bravo Makaya accetta la sfida lanciatagli l’anno scorso dall’etichetta stessa e il risultato è davvero notevole. A lui il merito di aver donato nuova vita alla poetica grimy del grande artista scomparso con una serie di temi rimescolati e messi in discussione con consapevolezza e maturità, pur con la riverenza di chi sa riconoscere a dovere un Maestro in Gil Scott-Heron. Voce d’asfalto inconfondibile nel parlato e quasi blues nel cantato su un tappeto jazz-soul-electro-hip-hop tessuto magistralmente da Makaya.
PROVARE PER CREDERE: l’album va ascoltato in ordine e per intero.
Protomartyr – “Ultimate Success Today” (post-punk, noise rock // Domino)
Post-punk operaio che sembra respirare e ricevere spiritualmente vita da quella stessa aria della Detroit che graziò l’umanità con la genesi di MC5 e Stooges dalla metà dei 60 in poi. L’esperienza e la gavetta immagazzinata dai Protomartyr nel corso di 4 dischi si sentono tutte in questo Ultimate Succes Today. Raffinate il giusto le smussature, appesantite le atmosfere, aggiunto qualche fiato provvidenziale agli arrangiamenti, incupite ulteriormente le parole. Disco potente e malinconico, che sembra essere stato scritto apposta per questo 2020 funesto.
PROVARE PER CREDERE: Day Without End, Processed by the Boys, I Am You Now, June 21, The Aphorist, Michigan Hammers, Bridge & Crown
Freddie Gibbs, The Alchemist – “Alfredo” (hip-hop // ESGN-Empire)
La classe di Freddie Gibbs ormai è cosa appurata, provata, verificabile su praticamente ogni sua pubblicazione fino ad oggi. Alfredo, con le sue discutibilissime fettuccine in copertina e la produzione del magistrale The Alchemist all’interno, è per me il disco hip-hop dell’anno. Questo per i flow assassini di chi ha rappato, i sample e i beat da capogiro o stripped down al punto giusto di chi ha curato le atmosfere del disco, gli ottimi featuring sfoggiati, la durata perfetta, i testi popolati , tra i tanti, da Gil Scott-Heron, Michael Jordan, Scottie Pippen, Kareem Abdul Jabbar, il tragicamente scomparso Kobe Bryant e la figlia Gigi, André 3000… E il bello è che l’anno prossimo Freddie, prolifico com’è, potrebbe con ogni probabilità regalarcene ancora.
PROVARE PER CREDERE: God is Perfect, Scottie Beam (feat Rick Ross), Look At Me, Frank Lucas (feat Benny The Butcher), Something to Rap About (feat Tyler, The Creator), All Glass
Fontaines DC – “A Hero’s Death” (alternative rock, post-punk // Partisan)
I was there/When the rain changed direction/And fled to play tricks with your hair/Overlooking them, there/And it’s all coming back/And you’re prowling the track/Like a cat on the back of a chair. Il disco dello statement, della presa di posizione che personalmente mi aspettavo dai Fontaines DC è arrivato a solo un anno di distanza da Dogrel, esordio che avevo inserito tra le migliori uscite dell’anno passato. Avevo anche più o meno detto che grazie ai cinque dublinesi il “rock” (?) ha ancora oggi un senso, e le chitarre pure. Fortunatamente, piglio strettamente punk messo momentaneamente da parte, A Hero’s Death è un disco diverso dal precedente, che si dissocia per certi versi da ciò che avevo anche un po’ ingenuamente scritto, e quindi ha diviso. Il riconoscimento concreto (la nomination ai Grammys ne è un indicatore: ricordiamo che i Fontaines sono pur sempre un gruppo indie nel senso stretto del termine), il cambiamento e il successo un po’ inaspettati di cui parlano i versi di A Lucid Dream in apertura, però, in compenso sono arrivati per i Fontaines DC, e tutto grazie alle 11 canzoni contenute in questo disco, senza poter praticamente suonare un concerto in un anno infame per chi basa la promozione della propria musica per la maggior parte sui tour nei club. D’altronde, le melodie a dir poco incisive, gli intrecci semplici ma efficaci delle due chitarre, l’esecuzione, la produzione che calza a pennello le atmosfere che i cinque creano con disinvoltura convincono in pieno. E applausi (ma davvero scroscianti) per la performance, la voce e l’introspezione che Grian Chatten, ventiquattrenne, ci regala.
PROVARE PER CREDERE: I Don’t Belong, Love is the Main Thing, A Lucid Dream, Oh Such a Spring, Living in America, Sunny, No
JARV IS… – “Beyond The Pale” (art-rock, pop // Rough Trade)
Jarvis Cocker mette insieme un’ottima band originariamente pensata esclusivamente per spettacoli dal vivo, poi decide di registrare un disco vero e proprio e chiama il tutto JARV IS… Nonostante la dimensione live del materiale preparato, il Nostro riesce a far confluire in Beyond the Pale sette brani complessi e catchy allo stesso tempo, arrangiati un gran bene. Si spazia dalla tirata Must I Evolve? al ritornellone di House Music All Night Long, fino alla chiusura groovy di Chidren of the Echo. Jarvis, con in mente i soliti Gainsbourg e Bowie, si dimena, si interroga, poi conversa dolcemente con la band e impugna ben strette le briglie del suo songwriting multiforme. Lo smalto che ha reso grandi i Pulp non si è mai consumato e Jarvis ce lo dimostra con il disco a mio avviso più sottovalutato dell’anno.
PROVARE PER CREDERE: Save the Whale, Must I Evolve?, House Music All Night Long, Sometimes I Am a Pharoah, Children of the Echo
Aksak Maboul – “Figures” (avant-pop, sperimentale // Crammed Discs)
Doppio disco da grande ritorno per i coniugi belgi Marc Hollander e Véronique Vincent. L’approccio sperimentale e avanguardista che questo progetto porta avanti con fierezza dal ’77 o giù di lì è vivo e vegeto in questo ultimo lavoro, tra pezzi più canonicamente “pop” e dilatazioni che si stendono, stringono e stropicciano ad esplorare ogni angolo di un universo sonoro vastissimo. Ventidue brani difficilmente inquadrabili, ma sempre molto freschi. Modo davvero niente male per festeggiare il quaranta-e-qualcosa-esimo anno di carriera.
PROVARE PER CREDERE: Ascoltare e basta.
ALTRE GEMME:
Working Men’s Club – s/t (electro post-punk // Heavenly): elettronica di miei coetanei dallo Yorkshire con piglio dance punk. Ascoltare Be My Guest e ballare per capire cosa intendo. Bellissimo esordio.
Nero Kane – Tales of Faith and Lunacy (dark psychedelic folk // Nasoni, Anacortes, BloodRock): il buon Nero, accompagnato da Samantha Stella, butta fuori uno dei dischi italiani che guardano all’estero più intensi di questo 2020, nel quale lo abbiamo ascoltato guardando fuori dalla finestra e sospirando al pensiero di essere su qualche poltrona mezzosfondata di casa invece che nella chiesa desertica di Kill Bill con Nico che celebra il matrimonio di Beatrix Kiddo appena prima della carneficina. Perché se questa scena esistesse la colonna sonora suonerebbe un po’ come questi sette brani.
Horse Lords – The Common Task (sperimentale, afro-kraut, prog, math // Northern Spy): Fanfare for Effective Freedom vale già da sola l’ascolto di questo disco strumentale che fa della stortura, delle acrobazie microtonali e della sperimentazione quasi free jazz un vero e proprio manifesto espressivo.
Calibro 35 – MOMENTUM (cinematic dirty funk, hip-hop // Record Kicks): i maestri contemporanei del funk-jazz cinematico italiano ci regalano un disco dove muovono qualche passo in più verso territori elettronici e hip-hop, senza perdere il loro suono bello marcio. Grande musica come sempre.
Camila Fuchs – Kids Talk Sun (experimental electronic pop, avant-garde // Felte): disco che suona come la riconnessione dell’io frammentato del 2020 con i ricordi d’infanzia attraverso la ritrovata dimensione uomo-natura-ciclo vitale. Caleidoscopico e futuristico, per certi versi lo considero il disco che meglio rappresenta uno dei “motivi portanti” dell’esistenza umana nel corso di quest’anno.
Death Valley Girls – Under the Spell of Joy (garage rock, psychedelia // Suicide Squeeze): forse il miglior rock psichedelico uscito quest’anno. Le regine della Death Valley sono tornate, ma non seguono Charles Manson. Stavolta sono stregate dalla gioia.
GLI ALTRI DISCHI BELLI:
Holy Fuck – Deleter (electro, indie rock) // Sonic Boom – All Things Being Equal (elettronica, psychedelia) // Porridge Radio – Every Bad (indie rock) // Tom Misch, Yussef Dayes – What Kinda Music (nu jazz, funk, pop) // Sun Ra Arkestra – Swirling (jazz) // HMLTD – West of Eden (alternative, rock) // Nick Cave – Idiot Prayer: Alone at Alexandra Palace (singer songwriter) // clipping. – Visions of Bodies Being Burned (experimental hip-hop) // Tony Allen, Hugh Masekela – Rejoice (afrobeat) // Run The Jewels – RTJ4 (hip-hop) // bdrmm – Bedroom (indie rock, shoegaze, dream) // Andy Bell – The View From Halfway Down (psychedelia, dream pop) // King Gizzard and the Lizard Wizard – KG (microtonal psychedelia) // SAULT – Untitled (Black Is & Rise) (funk, soul) // Gorillaz – Song Machine, Season One: Strange Timez (pop) // Thurston Moore – By the Fire (experimental rock) // Oscar Jerome – Breathe Deep (nu jazz) // Caribou – Suddenly (indie pop, elettronica) // Mother Island – Motel Rooms (garage rock) // Denzel Curry, Kenny Beats – UNLOCKED (hip-hop) // The Flaming Lips – American Head (psych pop) // Bee Bee Sea – Day Ripper (garage rock) // Lucio Corsi – Cosa Faremo da Grandi? (pop, glam rock, cantautorato) // Coriky – s/t (post-punk, alt-rock) // IDLES – Ultra Mono (heavy punk, rock)