Se alla parola punk associate creste colorate, birre scadenti, chiodi in pelle e no future allora avete un’idea probabilmente un po’ stantia di questo termine. I punks del 2018, infatti, sono cinque uomini di Bristol che, sotto barbe e tatuaggi hipstereggianti nascondono un cuore che non vede l’ora di urlare al mondo intero che cambiare è possibile, che l’intolleranza fa schifo e che non c’è niente di più punk che essere quello che si è: umani deboli e vulnerabili. Gli IDLES, d’altronde, se da un lato scavano nella gloriosa miniera del post-punk britannico, lanciano contemporaneamente un messaggio che fa pensare a quella Positive Mental Attitude che è uno dei momenti più alti del punk americano. Nella sua summa sonora la band attinge dal meglio della musica aggressiva del ’77, condisce con influenze noise e indie rock e sintetizza il tutto in un sound di cemento armato urgente e diretto.
Dopo la pubblicazione del fulminante esordio Brutalism nel 2017, l’Inghilterra inizia a prendere in considerazione i cinque, che sgomitando tra ottime recensioni e tanto sudore su palchi europei e non solo, si guadagnano una solida fan base internazionale smaniosa di spaccarsi le ossa amorevolmente nei loro live, spesso veri e propri atti collettivi. Il 2018 si apre con le sessioni di registrazione per il nuovo lavoro, che viene pubblicato il 31 agosto e in una settimana raggiunge a sorpresa la posizione numero 5 nella UK Albums Chart. Pur rimanendo fedele all’approccio pugno in faccia caratteristico dell’album precedente, dal punto di vista sonico Joy as an act of resistance è arricchito da personalissime sfumature alternative che testimoniano lo stato di grazia creativo della band. A troneggiare su questo monolitico wall of sound c’è ancora una volta il ringhio del frontman Joe Talbot, che se da un lato mantiene come cifra stilistica di fondo dei suoi testi il dito medio spianato nei confronti di Tories, Brexit e stereotipi dell’immobile società inglese, in questo secondo capitolo lancia anche un messaggio prezioso che si identifica nella forza dell’amore, della fraternità, della positività, dell’essere se stessi. E allora ecco che gli IDLES prendono la rincorsa con Colossus, perfetta apertura che colpisce l’ascoltatore con la sua furia hardcore dopo una prima parte sospesa e ritmata. Talbot grida I put homophobes in coffins appena prima che la canzone deragli all’improvviso. Le successive Never Fight a Man with a Perm e I’m Scum scavano subito nel solco tracciato dalla band fin dall’inizio del disco sia dal punto di vista tematico che musicale con ritornelli tribali e grooves martellanti, preparando il terreno per il singolo Danny Nedelko, che porta il nome di un amico della band, immigrato ucraino in Inghilterra. Il pezzo è un bellissimo calcio ben assestato alle palle del razzismo e dell’intolleranza, nonché un’esortazione all’unità. Love Song abbatte i luoghi comuni sull’amore di coppia, mentre la centrale e commovente June è probabilmente l’unico pezzo prettamente autobiografico dell’album e vuole superare l’imbarazzo degli artisti nel parlare apertamente di dolore e rabbia di fronte al pubblico. Racconta infatti della perdita in gravidanza della figlia di Talbot parafrasando la flash fiction comunemente attribuita a Ernest Hemingway Baby shoes for sale: never worn. Seguono Samaritans e Television, due dei pezzi più interessanti del disco. La prima tratta il tema della mascolinità che è ritenuta “tossica” (The mask of masculinity is a mask that’s wearing me / This is why you never see your father cry), mentre la seconda si scaglia contro la società moderna eccessivamente basata sull’apparenza fisica, che ci condiziona negativamente fino a farci odiare noi stessi (The bastards made you not want to look like you / Love youself). GREAT è un inno anti Brexit, mentre le intense Gram Rock, Cry to Me e Rottweiler chiudono il disco senza mostrare alcun segno di cedimento.
E c’è ancora gente che si ostina ad affermare punk is dead.
“This album is an attempt to be vulnerable to our audience and to encourage vulnerability; a brave naked smile in this shitty new world.”
Un pensiero riguardo “IDLES – “Joy as an act of resistance””